9 PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE- SEMINARIO ESPERIENZIALE INTENSIVO- 6/7 dicembre 2014 Via montelungo 8/b Como

VI SIETE MAI TROVATI NELLA VOSTRA VITA IN SITUAZIONI IN CUI AVETE PENSATO E CREDUTO FORTEMENTE CHE NON CI FOSSE UNA VIA DI USCITA?

VI SIETE MAI CHIESTI: “perché finisco sempre nelle stesse situazioni? Perché mi sembra sempre di fare gli stessi errori?”

NON SONO ERRORI, e la mancanza di vie di uscita è una dispercezione legata al proprio CARATTERE

Avere un carattere è come avere un castello a disposizione e abitare solo una delle sue stanze e guardare le cose sempre e solo da una finestra, da un solo punto di vista.
La vita di ognuno di noi, le nostre biografie uniche e irripetibili, la famiglia, la scuola, l’ambiente in cui siamo cresciuti ci ha addestrato fin da bambini ad diventare un solo personaggio che si muove nella vita mettendo in scena, spesso inconsapevolmente, sempre il solito copione.
Il nostro carattere è la nostra specializzazione ed è proprio per questo che non coincide con noi, ma con un’ immagine riflessa di noi nella quale ci identifichiamo che è fatta di comportamenti, di atteggiamenti, di automatismi acquisiti con il fine della sopravvivenza.
Il problema è che ogni giorno giudichiamo e veniamo giudicati attraverso giudizi di qualità sui nostri comportamenti, sulle nostre dinamiche relazionali e non per ciò che siamo davvero. Succede ovunque, in famiglia, al lavoro, con gli amici, nelle relazioni di coppia.
Ciò che non ci è mai stato detto è non ci sono caratteri belli o brutti, non ci sono caratteri migliori o peggiori come spesso le persone ci vogliono far credere, ci sono solo caratteri che ci hanno garantito la sopravvivenza.

Faremo un VIAGGIO INSIEME, utilizzando L’ENNEAGRAMMA come mappa per orientarci come fosse una cartina geografica da non confondere con il paesaggio.
“Darci” un numero sarà una formalità, l’importante sarà vedersi e riconoscersi.

SARÀ COME FARE UN VIAGGIO DENTRO E FUORI DI SÈ

Ognuno dei partecipanti verrà sostenuto da Michela De Mattio e Stefania Borroni nel riconoscere il personaggio con il quale domina il palcoscenico della sua vita. Poi ognuno farà un viaggio dietro le quinte, seguendo il ritmo del suo passo, per scoprire gli altri personaggi e iniziare a familiarizzare con loro, per vedere se qualcosa di sé che non ha mai utilizzato può essergli utile per avere un ‘ esistenza più appagante.
Non si tratta di destrutturare il proprio carattere ma di conoscerne i vizi e le virtù al fine di utilizzarli al meglio, si tratta di disinvestire un po’ di energia nel proprio personaggio per incarnarne anche altri.

COSA VI PORTERETE A CASA?

-Il viaggio ha il fine di aiutare ognuno dei partecipanti a trovare se stesso, l’AUTORE che ognuno di noi è, il fine è uscire dal seminario e tornare nella propria vita con un sguardo diverso, con uno sguardo aperto sul mondo, con in tasca nuove possibilità da sperimentare.

-Il fine è uscire dalla prigione della propria stanza che sebbene ci dà sicurezza a volte ci ingabbia e girare liberi nel castello, quel castello che ognuno di noi è.

-L’obiettivo è migliorare il nostro rapporto con noi stessi e con gli altri.

A TUTTI I PARTECIPANTI VERRÀ RILASCIATO UN CERTIFICATO DI PARTECIPAZIONE NOMINALE.

Conduttori del seminario
Dr. Michela De Mattio: Counselor Professionista a indirizzo Fenomenologico Esistenziale- Medico Specialista in Medicina Interna.

Dott. Stefania Borroni: Naturopata dell’istituto Riza di Milano, Counselor a indirizzo Fenomenologico Esistenziale in formazione, Architetto

IL SEMINARIO SI TERRÀ PRESSO LA SEDE DI COOPATTIVAMENTE IN VIA MONTELUNGO 8/b a Como
SABATO 6 Dicembre 2014 dalle h 14:00 alle h 20:00 e Domenica 7 Dicembre 2014 dalle h 09:30 alle h 19:30

Il costo del seminario è di 185 euro
ci sono ancora posti liberi
Per iscrizioni informazioni, domande, delucidazioni scrivere alla mail
michelademattio@gmail.com
borronistefania@tin.it
o alla mail dell’associazione absinto.ass@gmail.com

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RISTRUTTURARE CASA SENZA DIMENTICARSI DI SE’

Ristrutturare casa senza dimenticarsi di sè

Consulenze Personalizzate rivolte a chi è in procinto di ristrutturare casa e vuole essere il vero Protagonista e non un semplice Spettatore.

Un approccio diverso alla progettazione dove gli spazi assumono un senso al di la della loro funzione.

 

Si tratta di un percorso di co-costruzione dove vi verranno forniti gli strumenti per realizzare la vostra casa per come la immaginate e la desiderate.

Alla fine del percorso vi verrà rilasciata  una planimetria o più planimetrie frutto del lavoro svolto.

“Sentirsi a casa”

non significa solo abitarci fisicamente, significa soprattutto sentire di farne parte,

significa ritrovare negli spazi che abitiamo qualcosa che ci abita dentro.

La soggettività non va messa in un angolo a favore di altri parametri che spesso non ci appartengono, o che ci vengono imposti dall’esterno solo perché alla moda o di tendenza.

Si tratta di realizzare la nostra casa per come la desideriamo, per come crediamo sia meglio per noi, e di poterla vivere non come un qualcosa di asettico e di sconosciuto ma come uno spazio a noi familiare, appartenente, che ci permetta di vivere in serenità e in pieno benessere.

A completamento della “vostra” progettazione vi verranno fornite, se richieste, nozioni e linee guida di Cromoterapia, che si basa sui benefici dei diversi colori su corpo e psiche e di Feng  Shui, che insegna come scegliere e plasmare gli spazi in modo da generare nel corpo e nella mente reazioni utili e benefiche, evitando quelle dannose o disturbanti.

Il fine è quello di ristrutturare o strutturare la propria casa in modo da generare degli spazi che forniscano  energia positiva e vitalità a chi vi abita. Si tratta, quindi, di ottimizzare l’ambiente  per aumentare o cambiare la propria qualità di vita

” … Sistemare la casa è guadagnare il benessere fisico ed emotivo. Disporre al meglio l’ambiente è disporre al meglio noi stessi

Feng Shui è l’equilibrio fra l’energia, spirito, cuore e mente.

Ogni giorno riceviamo e forniamo energia, incessantemente:

se riusciamo a regolare tali flussi possiamo armonizzare la nostra Energia con quella del Cosmo.

Quello che facciamo creando spazi, spostando oggetti nella nostra casa, inserendo cose nuove o gettando le vecchie, si riflette sul nostro spirito.

Perché ciò che è fuori è dentro.

Dobbiamo incoraggiare l’energia positiva ad entrare nella nostra casa

e tentare di allontanare la negativa.

L’arte necessaria a tal fine è il Feng Shui.

Occorre saper disporre, occorre creare armonia…”

Miao Yin

Le consulenze verranno effettuate da Borroni Stefania Architetto, Naturopata dell’ Istituto Riza di Milano e Counsellor in formazione a indirizzo Fenomenologico Esistenziale.

Per informazioni e consulenze scrivere a:

borronistefania@tin.it

oppure direttamente alla segreteria dell’associazione:

absinto.ass@gmail.com

SANO E BUONO. LABORATORIO TEORICO-ESPERIENZIALE DI CUCINA . SALUTE, ESTETICA E CONVIVIALITA’

DOMENICA 9 NOVEMBRE HA AVUTO LUOGO, A VARALLO, IL  LABORATORIO TEORICO-ESPERIENZIALE CONDOTTO DALLE NATUROPATE: MAGDA VIVAN E STEFANIA BORRONI  

EDUCARSI AL PROPRIO GUSTO

PRENDERSI CURA DI SE’ E’ ANCHE PRENDERSI CURA DI COSA E DI COME MANGIAMO

«Il gusto, questo senso, questa capacità di distinguere i nostri
alimenti, ha dato origine in tutte le lingue conosciute all’uso
metaforico del termine gusto, per designare la capacità di
avvertire le bellezze e le imperfezioni in tutte le arti […]. Ci sono
grandi paesi in cui questo gusto è sconosciuto: sono quelli in
cui la società non si è perfezionata, ove gli uomini e le donne
non si riuniscono insieme, dove certe arti come la scultura e la
pittura di esseri viventi sono vietate dalla religione. Dove la vita
di società langue, lo spirito si isterilisce e le sue finezze si
smussano, non c’è modo di educare il gusto». Voltaire

al lavoro! crepes ai funghi (1) IMG_2690 impasto per il pane alla zucca Listener torta pere e cioccolato zucca duchessa

Il laboratorio si è svolto in prima mattinata

Magda Vivan e Stefania Borroni hanno sostenuto e aiutato i partecipanti nella preparazioni delle pietanze per le quali sono stati utilizzati unicamente prodotti naturali.

In seguito sono arrivati anche gli invitati.

Il pranzo si è svolto in atmosfera di gioia e convivialità.

Per avere informazioni sul laboratorio che può essere svolto anche al proprio domicilio, in occasione di un pranzo, di una cena o di un evento particolare  e per avere tutte le informazioni a  riguardo, scivere all’indirizzo email

borronistefania@tin.it, magvivan@gmail.com 

oppure la segreteria di absinto 

absinto.ass@gmail.com

INTRODUZIONE AI LABORATORI DI “MESSA IN SCENA”

INTRODUZIONE AI PROSSIMI LABORATORI ESPERIENZIALI DI “MESSA IN SCENA”

LA MESSA IN SCENA COME STRUMENTO NELLA RELAZIONE ‘COME’ AIUTO
La messa in scena è, a nostro avviso, uno strumento relazionale di grande potenza evocativa in quanto dentro la finzione si vive attraverso il ‘come se’. E’ inoltre uno dei metodi più efficaci per passare dal “saper fare” al “saper essere”
La logica è quella del teatro in cui si traduce in azione qualunque cosa .
Crediamo che non ci sia un sapere che non sia teatrale, il teatro viene addirittura prima della cultura e risale almeno all’11.000 a.C
Per esercitare il ‘come se’ bisogna stare nel paradosso: la finzione non è alternativa alla realtà.
Quando il bimbo gioca, fa delle cose a cui crede ma senza crederci davvero e poi si porta le cose della vita. Mentre gioca sta nella finzione ma, impara da ciò che mette in scena, infatti, esercitando il paradosso, pur sapendo che non è vero, sa che è vero.
Ciò che succede nel mettere in scena assomiglia a ciò che i bambini chiamano: “facciamo che io ero”. E’ un mettersi nei panni di…, è rompere la cristallizzazione delle proprie fissità comportamentali perché nel mettere in scena, nella drammatizzazione di una situazione, l’attore, in quanto personaggio, inizia a differenziare i propri comportamenti e a sperimentarne altri.
Per mettere in scena bisogna lavorare di mimesi, ovvero mettersi nei panni di…non c’è nulla da presupporre, da dedurre, c’è solo da fare.. Ed è per questo che è un buon modo per sbrogliare qualunque matassa esistenziale e relazionale
La messa in scena parte dal presupposto che qualunque sia il problema questo nasce sempre da una situazione ed è proprio la situazione stessa che dev’essere messa in scena.
E’ la stessa messa in scena ad essere funzionale a un cambiamento in quanto “cornice del co me se”
Spesso le azioni quotidiane, sono automatismi privi di qualunque aspetto riflessivo; mettendo in scena, facciamo un’espressione nella cornice del ‘come se’ in quanto, il filtro della finzione ci permette di uscire dall’agito (atto impulsivo-automatico e inconsapevole) e di stare dentro la situazione con un doppia valenza: con un piede siamo dentro al fare, con l’altro dentro al valutare ed è proprio questo che permette il cambiamento.
E’ un atto Riflessivo che nel linguaggio fenomenologico non significa un viaggiare da un pensiero ad un altro tramite un passaggio deduttivo ma è una riflessione nel senso che la persona è implicata su tutti i linguaggi conosciuti: emotivo, cognitivo, immaginativo.
Le conseguenze che ne traiamo sono le stesse che traiamo davanti allo specchio quando ci guardiamo prima di uscire la mattina: si tratta di un riflesso etico ovvero “è buono, non è buono” e di un riflesso estetico ovvero “mi piace non mi piace”
E’ l’effetto scenico che implica una valutazione estetica che ha a che vedere con l’essere esposto ad un pubblico e con un ritorno di apprezzamento o disprezzo. Il pubblico quindi è fondamentale.
Konstantin Sergeevič Stanislavskij diceva che quando siamo in azione scenica bisogna stare concentrati su come l’altro ci vive in quanto personaggio e che siamo tutti a fare “la stessa roba” che ci tocca continuamente. Se cade la concentrazione cade tutto. Se qualcuno,a me personaggio,passa un oggetto, mi passa un oggetto carico di tensione di intenzionalità, non è solo un oggetto…
Nella messa in scena inoltre c’è anche un riflesso logico nel senso che i nostri pensieri devono essere radicati nelle cose in cui siamo impegnati.
Come la svolgiamo?
E’ un lavoro di gruppo
Ci si occupa da subito della globalità dei linguaggi
– Racconto della dimensione problematica
– Processo di co-costruzione per arrivare a condividere il topos del racconto
– Definizione della Situazione e del suo frame ovvero la situazione come immaginario (la situazione ha sempre un immaginario che è distinto dal racconto. Il Frame non è altro che immaginare la scena)
– Il frame è importante perché non ci si possono fare immagini in generale, l’immagine è sempre situazionale e riporta un generale ad un particolare. Gli argomenti sono ancora altro, perché l’argomento in cui nasce l’azione non ha mai connotati generali.
– Una volta co-costruito il tutto si va alla messa in scena
Cosa ci serve?
– La messa in scena ha bisogno di spazio
– La messa in scena ha bisogno di scegliere i personaggi che aiutino la persona a svolgere il proprio dramma, e le persone non sono scelte a casa ma sono persone che per qualche dettaglio sono utili a svolgere quella parte di noi.
– A chi mette in scena il suo dramma viene assegnato il ruolo di regista
IL RESTO E’ TUTTA ESPERIENZA CHE SI FA SUL CAMPO
INTRODUZIONE AI PROSSIMI LABORATORI ESPERIENZIALI DI “MESSA IN SCENA” LA MESSA IN SCENA COME STRUMENTO NELLA RELAZIONE ‘COME’ AIUTO La messa in scena è, a nostro avviso, uno strumento relazionale di grande potenza evocativa in quanto dentro la finzione si vive attraverso il ‘come se’. E’ inoltre uno dei metodi più efficaci per passare dal “saper fare” al “saper essere” La logica è quella del teatro in cui si traduce in azione qualunque cosa . Crediamo che non ci sia un sapere che non sia teatrale, il teatro viene addirittura prima della cultura e risale almeno al 11.000 a.C Per esercitare il ‘come se’ bisogna stare nel paradosso: la finzione non è alternativa alla realtà. Quando il bimbo gioca, fa delle cose a cui crede ma senza crederci davvero e poi si porta le cose della vita. Mentre gioca sta nella finzione ma, impara da ciò che mette in scena, infatti, esercitando il paradosso, pur sapendo che non è vero, sa che è vero. Ciò che succede nel mettere in scena assomiglia a ciò che i bambini chiamano: "facciamo che io ero". E’ un mettersi nei panni di…, è rompere la cristallizzazione delle proprie fissità comportamentali perché nel mettere in scena, nella drammatizzazione di una situazione, l'attore, in quanto personaggio, inizia a differenziare i propri comportamenti e a sperimentarne altri. Per mettere in scena bisogna lavorare di mimesi, ovvero mettersi nei panni di...non c'è nulla da presupporre, da dedurre, c’è solo da fare.. Ed è per questo che è un buon modo per sbrogliare qualunque matassa esistenziale e relazionale La messa in scena parte dal presupposto che qualunque sia il problema questo nasce sempre da una situazione ed è proprio la situazione stessa che dev'essere messa in scena. E’ la stessa messa in scena ad essere funzionale a un cambiamento in quanto "cornice del co me se" Spesso le azioni quotidiane, sono automatismi privi di qualunque aspetto riflessivo; mettendo in scena, facciamo un'espressione nella cornice del ‘come se’ in quanto, il filtro della finzione ci permette di uscire dall'agito (atto impulsivo-automatico e inconsapevole) e di stare dentro la situazione con un doppia valenza: con un piede siamo dentro al fare, con l'altro dentro al valutare ed è proprio questo che permette il cambiamento. E' un atto Riflessivo che nel linguaggio fenomenologico non significa un viaggiare da un pensiero ad un altro tramite un passaggio deduttivo ma è una riflessione nel senso che la persona è implicata su tutti i linguaggi conosciuti: emotivo, cognitivo, immaginativo. Le conseguenze che ne traiamo sono le stesse che traiamo davanti allo specchio quando ci guardiamo prima di uscire la mattina: si tratta di un riflesso etico ovvero “è buono, non è buono” e di un riflesso estetico ovvero “mi piace non mi piace” E' l'effetto scenico che implica una valutazione estetica che ha a che vedere con l'essere esposto ad un pubblico e con un ritorno di apprezzamento o disprezzo. Il pubblico quindi è fondamentale. Konstantin Sergeevič Stanislavskij diceva che quando siamo in azione scenica bisogna stare concentrati su come l'altro ci vive in quanto personaggio e che siamo tutti a fare la stessa roba che ci tocca continuamente. Se cade la concentrazione cade tutto. Se qualcuno a me personaggio passa un oggetto, mi passa un oggetto carico di tensione di intenzionalità, non è solo un oggetto… Nella messa in scena inoltre c’è anche un riflesso logico nel senso che i nostri pensieri devono essere radicati nelle cose in cui siamo impegnati. Come la svolgiamo? E’ un lavoro di gruppo Ci si occupa da subito della globalità dei linguaggi  Racconto della dimensione problematica  Processo di co-costruzione per arrivare a condividere il topos del racconto  Definizione della Situazione e del suo frame ovvero la situazione come immaginario (la situazione ha sempre un immaginario che è distinto dal racconto. Il Frame non è altro che immaginare la scena)  Il frame è importante perché non ci si possono fare immagini in generale, l'immagine è sempre situazionale e riporta un generale ad un particolare. Gli argomenti sono ancora altro, perché l'argomento in cui nasce l'azione non ha mai connotati generali.  Una volta co-costruito il tutto si va alla messa in scena Cosa ci serve?  La messa in scena ha bisogno di spazio  La messa in scena ha bisogno di scegliere i personaggi che aiutino la persona a svolgere il proprio dramma, e le persone non sono scelte a casa ma sono persone che per qualche dettaglio sono utili a svolgere quella parte di noi.  A chi mette in scena il suo dramma viene assegnato il ruolo di regista IL RESTO E’ TUTTA ESPERIENZA CHE SI FA SUL CAMPO