INTRODUZIONE AI LABORATORI DI “MESSA IN SCENA”

INTRODUZIONE AI PROSSIMI LABORATORI ESPERIENZIALI DI “MESSA IN SCENA”

LA MESSA IN SCENA COME STRUMENTO NELLA RELAZIONE ‘COME’ AIUTO
La messa in scena è, a nostro avviso, uno strumento relazionale di grande potenza evocativa in quanto dentro la finzione si vive attraverso il ‘come se’. E’ inoltre uno dei metodi più efficaci per passare dal “saper fare” al “saper essere”
La logica è quella del teatro in cui si traduce in azione qualunque cosa .
Crediamo che non ci sia un sapere che non sia teatrale, il teatro viene addirittura prima della cultura e risale almeno all’11.000 a.C
Per esercitare il ‘come se’ bisogna stare nel paradosso: la finzione non è alternativa alla realtà.
Quando il bimbo gioca, fa delle cose a cui crede ma senza crederci davvero e poi si porta le cose della vita. Mentre gioca sta nella finzione ma, impara da ciò che mette in scena, infatti, esercitando il paradosso, pur sapendo che non è vero, sa che è vero.
Ciò che succede nel mettere in scena assomiglia a ciò che i bambini chiamano: “facciamo che io ero”. E’ un mettersi nei panni di…, è rompere la cristallizzazione delle proprie fissità comportamentali perché nel mettere in scena, nella drammatizzazione di una situazione, l’attore, in quanto personaggio, inizia a differenziare i propri comportamenti e a sperimentarne altri.
Per mettere in scena bisogna lavorare di mimesi, ovvero mettersi nei panni di…non c’è nulla da presupporre, da dedurre, c’è solo da fare.. Ed è per questo che è un buon modo per sbrogliare qualunque matassa esistenziale e relazionale
La messa in scena parte dal presupposto che qualunque sia il problema questo nasce sempre da una situazione ed è proprio la situazione stessa che dev’essere messa in scena.
E’ la stessa messa in scena ad essere funzionale a un cambiamento in quanto “cornice del co me se”
Spesso le azioni quotidiane, sono automatismi privi di qualunque aspetto riflessivo; mettendo in scena, facciamo un’espressione nella cornice del ‘come se’ in quanto, il filtro della finzione ci permette di uscire dall’agito (atto impulsivo-automatico e inconsapevole) e di stare dentro la situazione con un doppia valenza: con un piede siamo dentro al fare, con l’altro dentro al valutare ed è proprio questo che permette il cambiamento.
E’ un atto Riflessivo che nel linguaggio fenomenologico non significa un viaggiare da un pensiero ad un altro tramite un passaggio deduttivo ma è una riflessione nel senso che la persona è implicata su tutti i linguaggi conosciuti: emotivo, cognitivo, immaginativo.
Le conseguenze che ne traiamo sono le stesse che traiamo davanti allo specchio quando ci guardiamo prima di uscire la mattina: si tratta di un riflesso etico ovvero “è buono, non è buono” e di un riflesso estetico ovvero “mi piace non mi piace”
E’ l’effetto scenico che implica una valutazione estetica che ha a che vedere con l’essere esposto ad un pubblico e con un ritorno di apprezzamento o disprezzo. Il pubblico quindi è fondamentale.
Konstantin Sergeevič Stanislavskij diceva che quando siamo in azione scenica bisogna stare concentrati su come l’altro ci vive in quanto personaggio e che siamo tutti a fare “la stessa roba” che ci tocca continuamente. Se cade la concentrazione cade tutto. Se qualcuno,a me personaggio,passa un oggetto, mi passa un oggetto carico di tensione di intenzionalità, non è solo un oggetto…
Nella messa in scena inoltre c’è anche un riflesso logico nel senso che i nostri pensieri devono essere radicati nelle cose in cui siamo impegnati.
Come la svolgiamo?
E’ un lavoro di gruppo
Ci si occupa da subito della globalità dei linguaggi
– Racconto della dimensione problematica
– Processo di co-costruzione per arrivare a condividere il topos del racconto
– Definizione della Situazione e del suo frame ovvero la situazione come immaginario (la situazione ha sempre un immaginario che è distinto dal racconto. Il Frame non è altro che immaginare la scena)
– Il frame è importante perché non ci si possono fare immagini in generale, l’immagine è sempre situazionale e riporta un generale ad un particolare. Gli argomenti sono ancora altro, perché l’argomento in cui nasce l’azione non ha mai connotati generali.
– Una volta co-costruito il tutto si va alla messa in scena
Cosa ci serve?
– La messa in scena ha bisogno di spazio
– La messa in scena ha bisogno di scegliere i personaggi che aiutino la persona a svolgere il proprio dramma, e le persone non sono scelte a casa ma sono persone che per qualche dettaglio sono utili a svolgere quella parte di noi.
– A chi mette in scena il suo dramma viene assegnato il ruolo di regista
IL RESTO E’ TUTTA ESPERIENZA CHE SI FA SUL CAMPO
INTRODUZIONE AI PROSSIMI LABORATORI ESPERIENZIALI DI “MESSA IN SCENA” LA MESSA IN SCENA COME STRUMENTO NELLA RELAZIONE ‘COME’ AIUTO La messa in scena è, a nostro avviso, uno strumento relazionale di grande potenza evocativa in quanto dentro la finzione si vive attraverso il ‘come se’. E’ inoltre uno dei metodi più efficaci per passare dal “saper fare” al “saper essere” La logica è quella del teatro in cui si traduce in azione qualunque cosa . Crediamo che non ci sia un sapere che non sia teatrale, il teatro viene addirittura prima della cultura e risale almeno al 11.000 a.C Per esercitare il ‘come se’ bisogna stare nel paradosso: la finzione non è alternativa alla realtà. Quando il bimbo gioca, fa delle cose a cui crede ma senza crederci davvero e poi si porta le cose della vita. Mentre gioca sta nella finzione ma, impara da ciò che mette in scena, infatti, esercitando il paradosso, pur sapendo che non è vero, sa che è vero. Ciò che succede nel mettere in scena assomiglia a ciò che i bambini chiamano: "facciamo che io ero". E’ un mettersi nei panni di…, è rompere la cristallizzazione delle proprie fissità comportamentali perché nel mettere in scena, nella drammatizzazione di una situazione, l'attore, in quanto personaggio, inizia a differenziare i propri comportamenti e a sperimentarne altri. Per mettere in scena bisogna lavorare di mimesi, ovvero mettersi nei panni di...non c'è nulla da presupporre, da dedurre, c’è solo da fare.. Ed è per questo che è un buon modo per sbrogliare qualunque matassa esistenziale e relazionale La messa in scena parte dal presupposto che qualunque sia il problema questo nasce sempre da una situazione ed è proprio la situazione stessa che dev'essere messa in scena. E’ la stessa messa in scena ad essere funzionale a un cambiamento in quanto "cornice del co me se" Spesso le azioni quotidiane, sono automatismi privi di qualunque aspetto riflessivo; mettendo in scena, facciamo un'espressione nella cornice del ‘come se’ in quanto, il filtro della finzione ci permette di uscire dall'agito (atto impulsivo-automatico e inconsapevole) e di stare dentro la situazione con un doppia valenza: con un piede siamo dentro al fare, con l'altro dentro al valutare ed è proprio questo che permette il cambiamento. E' un atto Riflessivo che nel linguaggio fenomenologico non significa un viaggiare da un pensiero ad un altro tramite un passaggio deduttivo ma è una riflessione nel senso che la persona è implicata su tutti i linguaggi conosciuti: emotivo, cognitivo, immaginativo. Le conseguenze che ne traiamo sono le stesse che traiamo davanti allo specchio quando ci guardiamo prima di uscire la mattina: si tratta di un riflesso etico ovvero “è buono, non è buono” e di un riflesso estetico ovvero “mi piace non mi piace” E' l'effetto scenico che implica una valutazione estetica che ha a che vedere con l'essere esposto ad un pubblico e con un ritorno di apprezzamento o disprezzo. Il pubblico quindi è fondamentale. Konstantin Sergeevič Stanislavskij diceva che quando siamo in azione scenica bisogna stare concentrati su come l'altro ci vive in quanto personaggio e che siamo tutti a fare la stessa roba che ci tocca continuamente. Se cade la concentrazione cade tutto. Se qualcuno a me personaggio passa un oggetto, mi passa un oggetto carico di tensione di intenzionalità, non è solo un oggetto… Nella messa in scena inoltre c’è anche un riflesso logico nel senso che i nostri pensieri devono essere radicati nelle cose in cui siamo impegnati. Come la svolgiamo? E’ un lavoro di gruppo Ci si occupa da subito della globalità dei linguaggi  Racconto della dimensione problematica  Processo di co-costruzione per arrivare a condividere il topos del racconto  Definizione della Situazione e del suo frame ovvero la situazione come immaginario (la situazione ha sempre un immaginario che è distinto dal racconto. Il Frame non è altro che immaginare la scena)  Il frame è importante perché non ci si possono fare immagini in generale, l'immagine è sempre situazionale e riporta un generale ad un particolare. Gli argomenti sono ancora altro, perché l'argomento in cui nasce l'azione non ha mai connotati generali.  Una volta co-costruito il tutto si va alla messa in scena Cosa ci serve?  La messa in scena ha bisogno di spazio  La messa in scena ha bisogno di scegliere i personaggi che aiutino la persona a svolgere il proprio dramma, e le persone non sono scelte a casa ma sono persone che per qualche dettaglio sono utili a svolgere quella parte di noi.  A chi mette in scena il suo dramma viene assegnato il ruolo di regista IL RESTO E’ TUTTA ESPERIENZA CHE SI FA SUL CAMPO

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